In base all'articolo 51, comma 2, lettera c) del testo unico sulle imposte dirette, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente "le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo giornaliero di lire 10.240 (euro 5,29) le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ed ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione".
Rientrano, tra le prestazioni sostitutive del servizio di mensa, i buoni pasto che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente fino ad un importo complessivo giornaliero di euro 5,29. Alla luce di quanto sopra esposto, l'importo superiore a 5,29 euro è sottoposto a tassazione e ciò limita la convenienza ad insistere per un aumento del valore del buono pasto.
Qualora dovessimo ottenere un buono pasto di € 7,00, per esempio, la quota di € 1,71 (7,00 - 5,29) sarebbe soggetta a tassazione e l'imposta (reddito e contributi) su quest'ultimo importo sarebbe mediamente del 36% pari a 0,62 centesimi di euro (1,71 x 36%).
Pertanto, il valore netto del buono pasto ammonterebbe ad euro 6,38 (5,29 + 1,09) con una rivalutazione pari ad euro 1,73 (6,38 - 4,65). Ricorrendone l’occasione, potrebbe essere di conseguenza più opportuno chiedere la rivalutazione di altre voci economiche che ci consentano di beneficiare di agevolazioni fiscali come ad esempio il premio della Polizza Sanitaria, la Previdenza Integrativa, l’importo dei rimborsi chilometrici, ecc.