Sono un bancario iscritto FABI e, al momento, non sono ancora un dipendente di Veneto Banca. Dico al momento perché ho appena ricevuto un’offerta di lavoro dal vostro istituto che sto valutando e pertanto, tra non molto, potremmo essere colleghi. Vi scrivo naturalmente per avere, da chi dovrebbe conoscerla bene, qualche informazione in più e qualche consiglio per ottenere le migliori condizioni per una mia eventuale assunzione. |
Per prima cosa permettici di esprime un po’ di stupore perché il Piano Industriale 2015-2017 di Veneto Banca prevede un forte contenimento del costo del personale e una riduzione degli organici e in questo momento nutriamo qualche riserva sul fatto che l’azienda ricorra ad assunzioni “esterne” anziché valorizzare chi in azienda già ci lavora e affronta momenti particolarmente difficili per garantire il raggiungimento degli obiettivi e dei risultati. Detto ciò la prima questione su cui riteniamo opportuno attirare la tua attenzione è quella relativa al Jobs Act. Il lavoratore oggi addetto in un'impresa medio-grande con contratto a tempo indeterminato siglato entro il 7 marzo 2015 (data di pubblicazione in G.U. dei primi decreti del Jobs Act), prima di cambiare lavoro deve approfondire le condizioni del prossimo regime di lavoro. Risolvendo l’attuale tuo rapporto di lavoro la tua nuova assunzione ti comporta un contratto “a tutele crescenti”, con la sottostante rinuncia ad alcune delle significative garanzie offerte dal precedente contratto. Una delle critiche mosse al nuovo impianto normativo previsto dal Jobs Act, è appunto quella di penalizzare la mobilità spontanea dei lavoratori. Facciamo un esempio. Un lavoratore con 10 anni di anzianità aziendale, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice (che può avere natura economica o disciplinare), avrebbe oggi diritto al reintegro o a una indennità economica tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità. Lo stesso lavoratore se domani accettasse un'offerta di lavoro da parte di un’altra azienda, verrebbe assunto con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che prevede la possibilità di venire licenziato, dopo solo un anno, per “giustificato motivo oggettivo”, anche qualora non ne ricorressero i motivi, con il pagamento di un'indennità pari al minimo di 4 mensilità.
E’ chiaro che qualsiasi lavoratore sarà meno propenso a lasciare un posto con un contratto più protetto.
La disciplina legislativa in materia di lavoro è inderogabile in chiave peggiorativa per i lavoratori, ma può sempre essere derogata (dalla contrattazione individuale o collettiva) in chiave migliorativa.
Si potrà prevedere un innalzamento della indennità risarcitoria rispetto a quella spettante in applicazione del Jobs Act: per fare un esempio, nulla vieta che datore di lavoro e lavoratore concordino che, in caso di licenziamento illegittimo nei primi due anni di rapporto, anziché 4 mesi di indennità (come previsto dal Jobs Act) spettino 6 mesi, o 8. Oppure, attribuire una anzianità convenzionale al lavoratore, valevole anche ai fini delle individuazione delle tutele in caso di licenziamento. O ancora, è possibile anche concordare pattiziamente l’estensione “tout court” dell’attuale testo dell’art. 18. In realtà, già da tempo accade, ad esempio, che il datore di lavoro esoneri il lavoratore dal periodo di prova, ovvero ancora concordi con questi – tramite il c.d. “patto di stabilità” o “clausola di durata minima” – la rinuncia ad esercitare il diritto di recesso per un certo numero di anni dalla data di assunzione. In passato è anche già accaduto che la tutela reale ex art. 18 venisse pattiziamente estesa a taluni dirigenti (sarebbe interessante conoscere a quanti dirigenti di Veneto Banca).
La discussione sul Jobs Act continua e sui quotidiani ha fatto notizia l’accordo Novartis, in cui le parti hanno previsto un’importante deroga: le parti firmatarie di tale contratto collettivo aziendale hanno tenuto a precisare che, nella cessione dei contratti da una azienda all’altra del gruppo Novartis, i lavoratori manterranno la loro anzianità anche ai fini della individuazione delle tutele spettanti in caso di licenziamenti (quindi, non potranno considerarsi neoassunti dalla azienda cessionaria).
Per la verità, anche dopo l’emanazione del Jobs Act, rimane fermo il principio che, se un rapporto passa da una azienda ad un’altra per cessione individuale del contratto, ovvero per trasferimento di ramo d’azienda, non vi sia soluzione di continuità tra i due rapporti, e quindi il lavoratore mantenga la propria anzianità.
Più interessante il rinnovo del nostro contratto collettivo, avvenuto il 31 marzo 2015.
In caso di mobilità di lavoratori infragruppo è previsto vengano adottati strumenti che garantiscano la continuità del rapporto di lavoro (e quindi, in altre parole, nel caso in cui un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015 passi da una azienda ad un’altra nell’ambito del medesimo gruppo di imprese, la parte datoriale si è impegnata ad adottare strumenti che garantiscano che il lavoratore non venga considerato “neoassunto”, ai fini della applicabilità del Jobs Act). Residua quindi uno spazio per la contrattazione collettiva per incidere sulla concreta applicazione, in ciascun settore, delle norme del decreto del 7 marzo 2015 in materia di tutele crescenti.