I sindacati chiamano Abi. Con sfumature diverse non possono che confermare realisticamente che le banche sono alla vigilia di una nuova ristrutturazione. Ma, Massimo Masi, segretario generale della Uilca, avverte: «Troviamo un modo uniforme per venirne fuori». Già, perché ogni vertenza di gruppo che si apre ad ogni nuovo piano presentato per ora ha in sé tratti molto conflittuali. Lo si è visto in Intesa Sanpaolo, poi in UniCredit, poi in Monte dei Paschi. Ogni vertenza, uno sciopero. |
La congiuntura poi si aggroviglia per gli effetti della riforma pensionistica che nel gruppo Ubi, per esempio, secondo la Fabi, ha bloccato circa 600 uscite, sulle 1000 preventivate. Nel Banco Popolare ne ha bloccate circa 300. In Mps il piano di razionalizzazione 2011-14 prevedeva 1.500 pensionamenti, ma al momento la riforma ha bloccato 1.200 uscite, mentre con l'ultimo piano presentato poche settimane fa sono stati annunciati anche 4.600 esuberi. Nel gruppo Bnl da adesso a dicembre erano previste, in base all'ultimo piano industriale, circa 370 uscite. Il gruppo, di comune accordo con i sindacati, le sta procrastinando in attesa di sapere se questi lavoratori sono salvaguardati o meno dai decreti governativi.
I numeri di Intesa Sanpaolo e UniCredit ormai sono familiari. Giuseppe Gallo della Fiba Cisl osserva che arrivano a 10mila coloro che dovevano uscire e non escono più. Agostino Megale della Fisac Cgil stima che se a questi si sommano i nuovi esuberi annunciati nei giorni scorsi si arriva a 15-16mila. E aggiunge: «A questo punto chiediamo che il governo si assuma le responsabilità degli effetti boomerang della riforma pensionistica che pesano sui grandi gruppi. Le operazioni di riequilibrio dei costi non possono pesare solo sulle parti sociali, da ora in avanti per le banche gli accordi si chiudano al ministero del Welfare».
Bisognerà anche vedere, però, sostiene Vincenzo Saporito, responsabile Welfare della Fabi, «il ruolo che Abi vorrà assumere. Se gestire la situazione a livello di sistema oppure lasciare che i gruppi si muovano singolarmente». Masi lancia con forza la proposta «di una cabina di regia per le banche in cui le parti diano le linee guida». Giuseppe Gallo della Fiba Cisl parla di «accordo di settore per offrire tutta la strumentazione ai gruppi con sufficienti margini di flessibilità in modo che possano poi modularli sulla base delle loro specificità». Agostino Megale della Fisac Cgil conferma che il processo «va governato a livello di sistema e che siccome si tratta di una questione che ha ricadute che interessano tutto il paese, vengano coinvolti anche i sindacati confederali».
Alcuni incontri, informali, tra il vertice di Abi e i sindacati, ci sono già stati, e due giorni fa dall'assemblea annuale sono emerse nella relazione del presidente Giuseppe Mussari delle indicazioni: come la contrattazione di prossimità, la necessità di un legame più forte tra salario e produttività, la partecipazione. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi si augura che «alle parole seguano i fatti e che le banche non si arrocchino in una difesa corporativa. Il sindacato è disponibile a costruire un nuovo percorso di relazioni industriali, se a sua volta Abi si dimostrerà disponibile nei fatti a una simile innovazione».
Il settore spesso ha fatto da apripista ma, forse, non sempre è stato compreso. I decreti della riforma del Fondo di solidarietà che ancora mancano sembrano l'esempio migliore. Come le parti hanno spiegato, però, adesso sono fondamentali per dare seguito a quei percorsi di solidarietà, anche generazionale, che prevedevano. Riducendo l'impatto sociale di risparmi a cui i gruppi non possono rinunciare.