Voglio ricordare che le sofferenze bancarie a giugno del 2013 ammontavano a circa 133 miliardi di euro e le stesse sofferenze vengono sistematicamente inserite nei piani industriali dei grandi gruppi bancari e scaricate sui lavoratori anche in termini di recupero dei costi.
Come dire: la cattiva qualità del credito è colpa dei lavoratori bancari.
Gli stessi numeri citati dal presidente Patuelli, e che noi riportiamo nella tabella che vedete, dimostrano esattamente il contrario: il così detto impatto sociale sui volumi delle sofferenze bancarie è pari al 15,6% (in pratica, caro Patuelli, le 924.000 posizioni in sofferenza su crediti fino a 25.000 euro rappresentano circa 20 miliardi sui 133 complessivi), mentre i crediti inesigibili superiori a 125mila euro arrivano a toccare la percentuale del 72,6% e i super debitori, quelli con debito superiore a 25 milioni di euro, pesano per l’11,7%.
E non è un caso che gli affidamenti a partire da 125mila euro in su rientrano tutti nelle autonomie e nelle competenze delle direzioni generali, dei consigli d’amministrazione e dei consigli di gestione delle banche.
Insomma: il solito giochetto di prestigio, che rispediamo al mittente.
Se un bancario sbaglia, talvolta può rischiare anche il licenziamento, mentre quei manager che hanno contribuito a raggiungere la cifra record di 133 miliardi di sofferenze stanno ancora lì al loro posto, strapagati e impuniti.
Dichiari l’Abi quali fra i 133 miliardi di sofferenze sono quelli erogati senza garanzie, dica apertamente e con chiarezza e trasparenza a quanto ammontano gli importi di affidamenti erogati sulla parola, chi li ha erogati e perché.
Questo è il nuovo modello di banca che vogliamo, più attento ai territori, alle famiglie e alle imprese, alle lavoratrici e ai lavoratori bancari, un nuovo modello di banca al servizio del Paese che sappia riconquistare, con la trasparenza, la fiducia dei mercati e delle persone.