I libri a volte si scelgono, altre volte sono loro che scelgono noi. Si sceglie un libro per moda, perché piace un autore o semplicemente per quello strano non so che. Oggi vogliamo parlarvi di “LA VITA DAVANTI A SE” di Emile Ajar alias Romain Gary. Abbiamo scoperto Romain Gary grazie a un libricino di Lella Costa: “L’ironia è una dichiarazione di dignità. E’ l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita” |
“...il pomeriggio del 3 dicembre del 1980, Romain Gary si recò da Chervet, in place Vendome a Parigi e acquistò una vestaglia di seta rossa. Aveva deciso di ammazzarsi con un colpo di pistola alla testa e, per delicatezza verso il prossimo, aveva pensato di indossare una vestaglia di quel colore perché il sangue non si notasse troppo”.
Che tipo interessante... Non accontentandoci abbiamo continuato a cercare fino a scoprire che
che per anni e anni Romain Gary è stato considerato uno scrittore finito, sottovalutato nell’ambiente letterario parigino,
dato per “cotto”, tanto da dover pubblicare “LA VITA DAVANTI A SE” sotto un altro pseudonimo.
Dopo averlo scritto lo pubblicò infatti a nome di Emile Ajar.
La vera identità di Emile Ajar fu scoperta solo anni dopo la morte di Gary e la pubblicazione del suo testamento “Vita e Morte di Emile Ajar”
Basta... è troppo! Questo scrittore lo dovevamo assolutamente conoscere!
Non appena ne abbiamo avuto l’occasione abbiamo cercato un libro dell’autore, qualcosa che approfondisse questo colpo di fulmine e lo abbiamo trovato.
“LA VITA DAVANTI A SE” di Emile Ajar è un romanzo davvero interessante e originale, sia per il suo contenuto che per la forma espressiva. Il racconto è affidato al punto di vista di un adolescente, Momò, di origine araba, allevato da un’ex prostituta insieme con altri bambini, altrimenti destinati ad essere affidati ai servizi sociali. L’epoca in cui si svolge la storia è quella del secondo dopoguerra e il luogo è Parigi. È già una Parigi multietnica, popolata da una folla di diseredati. La realtà descritta da Momò , filtrata dai suoi occhi innocenti di ragazzo, perde ogni connotazione di volgarità. Di prostitute, travestiti, prosseneti si esaltano la generosità e il senso di solidarietà con cui ognuno soccorre l’altro nei momenti più critici. Ogni situazione viene descritta con umorismo, spogliata di ogni tragicità. Il mondo dei miserabili di Gary si distingue in questo da quello ben più drammatico di Victor Hugo, tanto spesso citato nel romanzo. Entrambe le opere hanno una forte funzione di denuncia, ma se in Hugo il mondo dei poveri viene sempre visto in contrapposizione e in contrasto con quello dei ricchi, il mondo di Gary rimane circoscritto in quei quartieri di immigrati che si distinguono per colore della pelle e per religione. Le battaglie politiche dei miserabili del diciannovesimo secolo, divengono le battaglie di integrazione dei musulmani, degli ebrei, dei perseguitati sfuggiti ai campi di concentramento. Se in Hugo la ragazza madre è emarginata dalla società e viene considerata con pietà cristiana dall’autore, le trasgressioni dei personaggi di Gary sono trattate con comprensiva indulgenza.
Il punto di vista straniante dell’adolescente Momò propone, dunque, al lettore alcuni spunti di riflessione importanti. In questa prospettiva va considerato il rapporto Francia-Algeria o Israele-Palestina a cui si fa talora riferimento attraverso alcuni accenni alle differenze religiose tra musulmani e ebrei.
La forma espressiva del romanzo è volutamente semplice, a volte perfino povera, come lo è di solito il linguaggio dei bambini e dei ragazzi.
Un romanzo che ha giustamente ottenuto il premio Goncourt (questo a sottolineare quanto i pregiudizi e le chiacchiere facciano male oltre ad essere totalmente inutili - ndr) e dal quale è stato tratto un film per la regia di Moshé Mizrahi che vinse l’Oscar nel 1978.
Buona lettura.