Ora un bel giorno un’allodola eccentrica scese nel pozzo e cantò ai ranocchi tutte le cose meravigliose che aveva visto viaggiando nel grande mondo di fuori: il sole, la luna, le stelle, i monti, le valli, e la brezza di slanciarsi nello spazio infinito che era sopra di loro.
Il Ranocchio Capo reagì a quella provocazione dell’allodola spiegando che quello che veniva da essa rappresentato altro non era che la terra felice “dove vanno tutti i ranocchi obbedienti come ricompensa dopo una vita di necessarie sofferenze”.
Pochi ranocchi liberi pensatori dubitarono che quel passero fosse stato usato dal Ranocchio Capo apposta per poterli sfruttare dando loro la speranza di illusorie future ricompense nell’aldilà.
“E’ una bugia”, gracidarono amaramente i ranocchi schiavi.
Tra di loro un ranocchio filosofo suggerì: “Quello che dice l’allodola non è propriamente una bugia, ed essa non è pazza. Ciò che l’allodola vuole veramente dirci, è quale bel posto noi potremmo fare di questo infelice pozzo se solo impegnassimo meglio le nostre menti. Quando essa ci canta i cieli limpidi e ariosi, vuol farci immaginare la salubre ventilazione di cui potremmo godere al posto di quest’aria umida e fetida; quando ci canta il sole e la luna, vuol farci immaginare la possibilità di illuminare il pozzo e disperdere le tenebre in cui viviamo. Cosa ancora più importante, quando ci canta il levarsi in volo senza freni fino alle stelle, allude alla libertà di cui potremo godere quando ci toglieremo dalle spalle il peso del Ranocchio Capo. Per questi motivi non dobbiamo disdegnare quest’uccello, ma anzi apprezzarlo per l’ispirazione che ci sta donando”. Fu così che i ranocchi schiavi fecero la rivoluzione e deposero il Ranocchio Capo. Il pozzo venne illuminato e ventilato e fu trasformato in un luogo molto più confortevole per viverci. In più, i ranocchi godettero della libertà, del tempo libero e di molti piaceri dei sensi, proprio come il ranocchio filosofo aveva predetto. L’eccentrica allodola continuò le sue visite al pozzo nelle quali cantava altre meraviglie. “Forse - dubitò il filosofo - questo uccello è pazzo per davvero. Certo che queste fantasticherie sono strane e pericolose, ora che hanno perso importanza sociale”. Così, un brutto giorno, i ranocchi catturarono l’allodola, la uccisero, impagliarono e la esposero nel loro museo civico. Ma in uno dei giovani ranocchi, un ranocchio sognatore e poeta, s’insinuò il dubbio che quel mondo meraviglioso di cui aveva parlato l’allodola, esistesse davvero; che quella fosse la realtà. Tanto se ne persuase, che prese infine la decisione di verificare di persona. Fu così che, fra lo stupore di tutti, un bel giorno saltò fuori dal pozzo, con la segreta speranza si essere seguito, presto o tardi, dagli altri ranocchi, oltre il confine angusto della loro tana artificialmente illuminata.