Chi di noi può dire di conoscere Umberto Eco? (il celeberrimo scrittore de Il nome della rosa piuttosto che l’Eco filosofo, semiotico, estetico, linguista, umorista, ecc...). Azzardiamo: per 100 lettori del Nome della Rosa, 40 hanno letto Il Pendolo di Foucault, 20 hanno acquistato Numero zero e solo 1 ha avuto tra le mani un saggio tra i suoi 100 e più scritti. Ma, tranquilli, non è nostra intenzione quella di introdurvi ad un’oceanica recensione della monumentale opera di Umberto Eco. |
Pape Satàn Aleppe non è altro che il monito di Pluto (Dante, Inferno, VII, 1) privo di senso per l’umana comprensione ma, nel nostro caso, chiaramente indicativo della confusione e della disconnessione che sono le caratteristiche della società descritta nel libro (meglio dire della raccolta delle brevi e argute osservazioni dell’autore sulla società attuale): “va - come dicono i francesi – dal gallo all’asino, e riflette la natura liquida di questi quindici anni”. Eccovi giusto un paio di estratti dalle “bustine di Minerva” (spesso seduto al Bar o al parco, Eco appuntava le sue osservazioni sul retro bianco delle bustine dei fiammiferi Minerva che teneva sempre con sé per accendersi la pipa...)
ESSERE VISTI (fare ciao ciao con la manina): Mentre sto facendo esperienza, e trovando conferma in vari interventi autorevoli, del riscaldamento del pianeta e della scomparsa delle mezze stagioni, mi chiedo che reazioni avrà un giorno il mio nipotino, che non ha ancora due anni e mezzo, quando sentirà pronunciare la parola “primavera” o leggerà a scuola poesie che parlano dei primi languori autunnali. E da grande come reagirà ascoltando le Stagioni di Vivaldi? Forse lui vivrà in un altro mondo a cui sarà perfettamente abituato e non soffrirà della mancanza della primavera, vedendo le bacche sbocciare per sbaglio in inverni caldissimi. In fondo anch’io da piccolo non avevo esperienza dei dinosauri eppure sono riuscito ad immaginarmeli. Forse la primavera è una nostalgia da persona attempata, come le notti passate nei rifugi antiaerei a giocare a nascondino. A questo bambino che cresce parrà allora naturale vivere in un mondo dove il bene primario (ormai più importante del sesso e del denaro) sarà la visibilità. Dove per essere riconosciuti dagli altri e non vegetare in uno spaventoso e insopportabile anonimato si farà di tutto per apparire, in televisione o in quei canali che a quell’epoca avranno sostituito la televisione... Qualcuno spiegherà allora a questo bambino (forse a scuola, insieme ai re di Roma e alla caduta di Berlusconi, o in film storici intitolati C’era una volta la Fiat...) che sin dall’antichità gli esseri umani hanno desiderato essere riconosciuti da coloro che li attorniavano...”
LA BUONA EDUCAZIONE (Pistola dell’ostrega): il politically correct è un vero e proprio movimento di idee nato nell’università americana, d’ispirazione liberal e radical, e quindi di sinistra, volto al riconoscimento del multiculturalismo, per ridurre alcuni radicati vizi linguistici che stabilivano linee di discriminazione nei confronti di qualsiasi minoranza. E dunque si è iniziato a dire blacks e poi Afro-americans invece di negri, gay invece dei mille e notissimi altri appellativi sprezzanti riservati agli omosessuali. Naturalmente questa campagna per la purificazione del linguaggio ha prodotto il proprio fondamentalismo, sino ai casi più vistosi in cui alcune femministe avevano proposto di non dire più history (che per via del pronome his faceva pensare che la storia fosse “di lui”, bensì herstory , storia di lei – ovviamente ignorando l’etimologia greco-latina del termine, che non implica alcun riferimento di genere)...”
Umberto ECO – Pape Satàn Aleppe – Cronache di una società liquida - La nave di Teseo – 20 euro