Dopo aver ricevuto un atto di citazione da parte di un cliente, la banca dispone alcuni accertamenti di internal audit presso la filiale dove questo intrattiene i rapporti. Il cliente sostiene di essere stato vittima di una truffa dove la banca, a parer suo, non si è dimostrata attenta a prevenire l’illecito. Dopo l’attività ispettiva durata qualche settimana, viene recapitata sul tavolo dell’addetto operativo della stessa filiale, una lettera di contestazione. |
La banca ritiene che tale atteggiamento abbia consentito il perpetrarsi della truffa ai danni del cliente esponendo di conseguenza la banca stessa al grave rischio di dover risarcire il danno.
Alla luce di quanto sopra l’azienda contesta al collega di aver violato differenti norme interne:
- il collega non avrebbe proceduto all’identificazione del cliente e alla verifica dei poteri;
- per le operazioni di cassa avrebbe dovuto obbligatoriamente identificare il soggetto presentatario nella finestra principale “Operazioni di sportello”. In questo modo il nome sarebbe stato stampato direttamente sulla distinta e il nominativo automaticamente riportato nella finestra “antiriciclaggio”;
- la distinta avrebbe dovuto essere firmata dal titolare e sul retro riportare quella del presentatore occasionale.
Il collega con l’assistenza del proprio rappresentante sindacale, dopo due giorni, formula una sua memoria difensiva. Evidenzia che, da quando lavora in quella filiale, il conto corrente del cliente era stato presentato dai colleghi come rapporto storico e che era consuetudine che venisse la sua segretaria a fare le operazioni, persona quest’ultima ben conosciuta da tutto il personale.
La segretaria, quando si presentava allo sportello per eseguire le operazioni di cassa era sempre munita della documentazione dispositiva con firma e timbro del cliente.
Inoltre la firma del titolare del conto non gli era mai sembrata difforme a quella depositata tenendo poi conto del tempo che era trascorso dall’inizio del rapporto. Il collega, constatando la confidenza della segretaria con il personale e la naturalezza del suo comportamento, dichiara che non ha mai avuto motivo di dubitare del suo comportamento e, in perfetta buona fede, ha dato corso a tutte le operazioni richieste. Il collega tra le altre cose sottolinea che assolutamente non era al corrente della giacente richiesta di chiusura di conto corrente da parte del cliente e questo elemento lo ha appreso solo dalla lettera di contestazione. La memoria difensiva del collega si conclude ribadendo nuovamente la sua buona fede e respingendo gli addebiti a lui imputati soprattutto la richiesta da parte della banca di risarcimento di eventuali danni patrimoniali tenuto anche conto della violazione del principio dell’immediatezza della contestazione dato che i fatti risalgono a più di quattro anni fa.
La banca, tenuto conto delle giustificazioni dichiarate decide di adottare nei confronti del collega il provvedimento disciplinare del “rimprovero scritto” e questa spiacevole vicenda viene così definitivamente chiusa.