Ormai è evidente: nelle filiali spesso i colleghi sono chiamati a svolgere più funzioni e quasi sempre la normale giornata lavorativa risulta insufficiente per adempiere a tutti i doveri. Ciò può indurre i colleghi a farsi furbi e ad architettare qualche escamotage per riuscire a fare tutto e nei tempi richiesti... |
Un Consulente Famiglie si trova un giorno a doversi difendere contro una lettera di contestazione che si articola su tre punti fondamentali: 1’aver effettuato rimborsi contabili a favore di clienti violando la normativa aziendale, un’anomala movimentazione del proprio conto corrente privato e l’accesso all’home banking di un cliente dal terminale aziendale. Un’ispezione da parte della Direzione Internal Audit ha rilevato che il collega ha più volte utilizzato somme rivenienti dalle sue disponibilità per porre rimedio ad alcuni errori. In un fine mese particolarmente movimentato, effettuando manualmente il pagamento di alcune ricevute bancarie per la quali il cliente non aveva portato le disposizioni cartacee, in fase di inserimento il collega sbaglia a digitarne il numero e ne addebita una sbagliata. Per guadagnare tempo ed evitare di segnalare l’accaduto, considerato che fortunatamente l’importo era di soli 49 euro, il collega fa disporre un bonifico di 50 euro dal suo conto corrente appoggiato presso un’altra filiale, somma che utilizza per creare una partita debitori/creditori in avere che poi chiude accreditando il conto corrente del cliente danneggiato e riportando sull’operazione la dicitura "rimborso contabile". Dalle verifiche effettuate risultano inoltre altre operazioni simili. A distanza di un mese, infatti, risulta una partita debitori/creditori in avere di 20 euro creata per cassa a fronte di un versamento di contanti che è stata chiusa nel medesimo giorno e pareggiata con accrediti che riportano la dicitura “rimborso contabile” su due conti correnti intestati a clienti diversi. Nello stesso mese questa prassi si ripete un’altra volta. Dopo aver emesso una carta prepagata senza inserire la convenzione che ne prevedeva la gratuità il collega provvede a rimborsare di tasca propria il cliente accreditando il conto corrente sempre con la stessa modalità "rimborso contabile". L’azienda contesta il mancato rispetto del codice aziendale interno. Il collega avrebbe dovuto inoltrare le richieste di rimborso agli organi superiori per ottenere le dovute autorizzazioni e procedere con i relativi storni. Per quanto riguarda la movimentazione anomala del conto corrente i controlli hanno evidenziato, solo per l’esercizio 2009, accrediti per un totale di 35.000 euro di cui 30.000 relativi a bonifici disposti da ordinanti vari e 5.000 euro per versamenti contanti. Anche in questo caso l’azienda contesta la violazione della normativa aziendale che prevede che l'alimentazione del conto corrente personale debba essere costituita dai soli emolumenti del dipendente e dell'eventuale cointestato. Relativamente all'utilizzo del terminale aziendale risulta che il collega si sia collegato all’Home Banking di un cliente per effettuare un'operazione in ordine e per conto dello stesso. Come al solito la lettera si conclude con l'invito rivolto al collega ad esercitare tutti i suoi diritti di difesa facendo pervenire alla Direzione Risorse Umane, entro cinque giorni dal ricevimento della lettera, le eventuali giustificazioni in assenza delle quali l'azienda può ritenersi libera di adottare il provvedimento disciplinare ritenuto più opportuno. Il collega, assistito come sempre da un rappresentante sindacale della Fabi, provvede a rispondere a quanto contestato punto per punto. Quanto al primo ammette che i rimborsi contabili erano stati fatti utilizzando somme a sua disposizione, ma che era assolutamente convinto che tale comportamento non ledesse alcun principio etico, anzi, ribadisce che i rimborsi contabili così come aveva fatto dovevano essere letti come una procedura più veloce, per ridurre al minimo le problematiche per la banca e soprattutto per il cliente che si vedeva il conto accreditato immediatamente senza dover aspettare le lungaggini di eventuali autorizzazioni. Solo dopo questa lettera il collega ammette inoltre di essersi reso conto della sua ignoranza in materia e promette che un simile comportamento non si sarebbe più realizzato. Quanto al secondo punto spiega che le somme accreditate erano semplici giro conti da altri conti di cui era titolare insieme alla madre e che il suo conto era quello utilizzato per effettuare tutti i pagamenti della sua famiglia. In merito alle operazione effettuati per conto del cliente ammette che era accaduto solo una volta, alla presenza del cliente, e semplicemente per mostrare il funzionamento del servizio online. Il collega, alla fine delle sue giustificazioni ribadisce la sua assoluta buona fede e che con le sue azioni non pensava avrebbe potuto ledere in alcun modo l’azienda. Dopo aver attentamente analizzato la situazione e le sincere controdeduzioni del collega il provvedimento adottato nei suoi confronti si limita a un rimprovero scritto.
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Luglio 2017
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