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LA CONTESTAZIONE

Fatti realmente accaduti a colleghe e colleghi bancari. Alcuni di questi potrebbero riferirsi anche a casi che si sono verificati nel Gruppo Veneto Banca...

PAROLA ALLA FABI

 LA BUONA FEDE E IL BUON SENSO NON SEMPRE PAGANO

1/9/2016

 
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Dopo anni di servizio presso un noto istituto di credito un collega, cassiere, viene trasferito in una nuova filiale e pochi mesi dopo si vede recapitare una lettera di contestazione da parte dell'Ufficio Risorse Umane. La contestazione fa riferimento a due violazioni che il collega avrebbe posto in essere nei mesi precedenti.
Durante un’ispezione da parte dell’Ufficio Internal Audit gli ispettori hanno rilevato che il collega avrebbe negoziato allo sportello cinque assegni recanti la clausola di non trasferibilità a un soggetto diverso rispetto al beneficiario indicato nei titoli di credito. Inoltre, ad aggravare ulteriormente la propria posizione il reale beneficiario degli assegni non risultava nemmeno censito, tanto da determinare una violazione della normativa antiriciclaggio per mancata adeguata verifica della clientela. Recita l’art. 43 R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736 (c.d. legge sull’assegno): " l'assegno bancario emesso con la clausola "non trasferibile" non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di costui, accreditato nel suo conto corrente. Questi non può girare l'assegno se non a un banchiere per l'incasso, il quale non può ulteriormente girarlo. Le girate apposte, nonostante il divieto, si hanno come non scritte. La cancellazione della clausola, si ha per non avvenuta. Colui che paga un assegno "non trasferibile" a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso, risponde del pagamento..." Il secondo punto di contestazione riguarda la violazione della normativa antiriciclaggio relativa ad una mancata segnalazione di operazione sospetta ai sensi del D.lgs 231/2007. Risulterebbe infatti che il collega abbia fatto prelevare nell'arco di un ristretto tempo piccole somme a un cliente che però, cumulativamente, erano di poco inferiori al limite di trasferimento di contante.
La lettera, come di consueto, si conclude con l'invito al collega a provvedere, entro cinque giorni dal ricevimento della stessa, a presentare le controdeduzioni difensive precisando che, trascorso tale periodo senza valide giustificazioni, l'ufficio risorse umane avrebbe comminato il provvedimento disciplinare più idoneo.
In merito alla violazione della clausola di non trasferibilità il collega ammette l'errore, ma spiega che tale errore e' stato fatto consapevolmente per fare un favore a un cliente storico della filiale.

L’assegno era infatti intestato al figlio, quindi effettivo beneficiario del titolo, ma tali assegni erano semplicemente dei rimborsi spese dovuto per uno stage effettuato presso una clinica sanitaria. Il ragazzo, dati gli orari incompatibili con quelli di una banca e la lontananza della clinica rispetto alla città, era praticamente impossibilitato a incassare personalmente i titoli. Il collega a suffragio della sua posizione rimarca che tale tipo di operatività era stata posta in essere anche da altri colleghi, non era la prima volta e lui si era limitato a fare quello che era sempre stato fatto, ma ribadisce tuttavia che un simile comportamento non lo avrebbe più tenuto, attenendosi scrupolosamente alla normativa. In merito alla seconda contestazione il collega giustifica il suo operato descrivendo la situazione che si era venuta a creare. Un cliente aveva chiesto e ottenuto un finanziamento di € 20.000 per aprire una nuova attività. Per costituire un fondo cassa, indeciso su quanto prelevare e consapevole che in futuro non avrebbe avuto molto tempo disponibile per recarsi in banca, aveva posto in essere differenti prelievi nell'arco di pochi giorni. Il collega nella sua memoria difensiva si dichiara tra le altre cose stupefatto dato che la segnalazione di operazione sospetta in realtà era stata regolarmente fatta di sua iniziativa, mentre il secondo punto della lettera contestava proprio questa mancanza. Il collega, a chiusura delle sue memorie difensive, dichiara che tutta la sua operatività è sempre stata mossa dalla buona fede e dal buon senso rispetto a esigenze particolari che, come in questo caso, hanno senza dubbio aiutato il figlio di un cliente in difficoltà. Tutto ciò per cercare di fidelizzare ancor di più la clientela in un’ottica di un futuro
potenziale sviluppo commerciale. Il cliente aveva infatti ripetutamente affermato che la disponibilità dimostrata sarebbe stata ricordata e che il figlio, non appena possibile, avrebbe avviato una sua attività in città aprendo i propri rapporti bancari proprio in quella filiale.
In relazione a quanto contestato e preso atto delle giustificazioni l’azienda ha adottato nei confronti del collega il provvedimento disciplinare del “richiamo scritto” ai sensi del vigente CCNL che ritenuto equo il collega ha deciso di non impugnare.

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