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LA CONTESTAZIONE

Fatti realmente accaduti a colleghe e colleghi bancari. Alcuni di questi potrebbero riferirsi anche a casi che si sono verificati nel Gruppo Veneto Banca...

PAROLA ALLA FABI

MIRARE SOLO ALLA QUANTITA’ PUO’ COSTARE CARO 

4/12/2015

 
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Un responsabile di filiale riceve una corposa lettera di contestazione dove, per la gravita dei fatti riportati, è quasi certo il rischio di licenziamento. L’azienda contesta l’operato del collega relativamente a diverse operazioni che riguardano un gruppo di società riconducibili a un cliente storico della filiale. L’azienda sostiene che il collega abbia ripetutamente autorizzato un’anomala operatività in violazione della normativa antiriciclaggio e che abbia indebitamente e sistematicamente permesso la creazione di liquidità a favore di tutte le società autorizzando, a fronte del versamento di assegni bancari senza attendere che questi ultimi diventassero disponibili, bonifici di consistente importo.
Inoltre sostiene che siano stati accesi rapporti di conto corrente nonostante le evidenze negative a carico dei rispettivi titolari. Nella lettera viene fornito un lungo elenco di operazioni, meri giri di liquidità tra banche per creare forme di autofinanziamento tra le società che hanno determinato sconfinamenti non autorizzati e quindi una indebita concessione di liquidità, operazioni nell’interesse di imprese e spesso in contanti su conti intestati a persone fisiche (soci, amministratori, dipendenti...), operazioni di importo significativo effettuate da soggetti che non risultano svolgere un'attività economicamente rilevante ovvero che risultano in situazione di difficoltà economica; ripetuti pagamenti a favore di persone fisiche o giuridiche che non sembrano avere relazioni di alcun tipo con i titolari dei rapporti addebitati. Come di consueto l’azienda invita il collega a far pervenire alla Direzione Risorse Umane, entro cinque giorni dal ricevimento della lettera, le sue controdeduzioni sottolineando che in caso contrario verrà adottato il provvedimento disciplinare ritenuto più idoneo ai sensi del vigente CCNL.
Il collega, con l’aiuto del suo Rappresentante Sindacale, predispone una memoria difensiva nella quale onestamente riconosce che tale tipo di operatività, seppur apparentemente illogica e incoerente, aveva come unico scopo quello di creare disponibilità in anticipo rispetto a incassi commerciali reali. Era successo anche in passato e tutto si era risolto senza nessun problema. Anzi evidenzia come questo tipo di elasticità aveva aiutato la filiale a crescere, erano stati aperti ben 150 conti correnti, raggiunti importanti risultati commerciali e la redditività si era notevolmente incrementata. Per quanto riguarda le evidenze negative, protesti e fallimenti riconducibili al legale rappresentante, il collega sottolinea che si trattava di fatti che risalgono a cinque anni fa e che era stata fornita la prova della riabilitazione legale. In merito all'operatività di soggetti privati che operavano nell' interesse di altri e non riconducibili alla loro attività, evidenzia come non appena tali anomalie venivano rilevate, anche se qualche volte tardivamente, aveva provveduto a bloccarle. Il collega dichiara la sua perfetta buonafede su tutto il suo operato e ribadisce che i suoi comportamenti sono sempre stati improntati al perseguimento del bene dell'azienda nel raggiungere risultati che venivano sempre più insistentemente sollecitati. E’ infatti un dato di fatto che da quando il collega ne ha assunto la direzione, la filiale ha visto una crescita di clientela e di numeri veramente importante, peraltro molto spesso non ritenuta sufficiente dai suoi superiori che lo stimolavano a fare sempre di più. Per concludere ammette di essersi reso conto di avere numerose lacune in materia di antiriciclaggio e che quanto conosce lo ha appreso esclusivamente attraverso una formazione a distanza.
Il quadro accusatorio mosso nei confronti del collega è così ampio e grave che nel timore di un licenziamento per giusta causa, dopo lunga e difficile trattativa con l’azienda, alla fine si raggiunge una mediazione che si traduce in un patto di dequalificazione del rapporto di lavoro dove il collega accetta un inquadramento inferiore e una riduzione della retribuzione rinunciando, le parti, ad ogni eventuale impugnazione o rivendicazione. Il collega concorda altresì il suo trasferimento presso un’altra sede di lavoro rinunciando alle indennità e ai rimborsi spese previsti dalla normativa vigente. Per ultimo, ai sensi dell’art 44 del CCNL, nei confronti del collega l’azienda applica la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo di 10 giorni.

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