Nel dettaglio il collega non avrebbe dato corso all’accensione di un finanziamento import, disposizione che gli era stata consegnata da un Gestore Corporate.
Da una verifica telematica risulterebbe che il collega abbia più volte cercato di effettuare l’operazione, ma che la stessa non sia mai andata a buon fine. Quello che la banca sostiene è che il collega non abbia operato con la diligenza del buon padre di famiglia. Al contrario egli non ha posto la necessaria attenzione e non ha comunicato le difficoltà al proprio Responsabile, tantomeno ai suoi colleghi. Da questo errore il cliente ha subito un grave danno visto che il bonifico che avrebbe dovuto essere disposto a favore di un fornitore è stato eseguito oltre il mese successivo.
Le operazioni contestate sono diverse. Tra le tante vengono evidenziate due estinzioni di conto corrente il cui saldo a debito avrebbe dovuto essere addebitato su un altro conto corrente facente capo agli stessi nominativi, ma che in realtà sono stati azzerati solo dopo i rilievi da parte della Direzione Centrale e, ancora più grave, pareggiati con disponibilità del collega stesso. La gestione del conto corrente privato del collega presenta una serie di operazioni che si sospettano atte a coprire sconfini generati dall’addebito di assegni o degli utilizzi della carta di credito. In più occasioni il collega è stato segnalato in CAI (Centrale Allarmi Interbancari).
L’evidente situazione di difficoltà ha indotto il collega a eseguire operazioni fittizie volte a generare presunte disponibilità che in realtà hanno comportato un aggravamento della situazione finanziaria del collega: una serie di movimenti di accredito sul suo conto corrente, circa un'ottantina, generati sia dal versamento di assegni sia dal versamento di piccole somme di denaro contante violando la policy aziendale dove sarebbe opportuno che gli unici movimenti di accredito fossero stati quelli relativi agli emolumenti.
Alcuni di questi accrediti sono risultati riconducibili a prestazioni di lavoro svolte a favore di terzi senza che fosse stata richiesta la preventiva autorizzazione così come previsto dall'art. 38 del vigente CCNL.
Come di consueto la banca invita il collega a presentare entro 5 giorni una risposta a difesa di quanto contestato.
Il collega si attiva per inviare le proprie memorie solo dopo aver appreso che l’azienda ha deciso di licenziarlo. Assistito dal suo Sindacato egli decide di impugnare il licenziamento e nel ricorso rigetta integralmente tutte le
contestazioni: innanzi tutto gli assegni da lui emessi e protestati erano originati da una serie di disguidi con l’altro istituto di credito, le vicende relative agli sconfini erano determinate da un periodo di maggiori spese originate da alcune difficoltà personali e familiari e che in ogni caso aveva sempre sistemato.
Le movimentazioni sui propri conti correnti non presentavano alcuna anomalia e in ogni caso non erano assoggettabili al controllo del datore di lavoro. Quanto allo svolgimento dell'attività lavorativa ulteriore e diversa rispetto a quella bancaria, si trattava in realtà di un hobby per il quale egli riceveva esclusivamente rimborsi spese.
A seguito del ricorso, come spesso avviene in questi casi, gli avvocati delle parti trovano un accordo transattivo e la vicenda si chiude con la conferma del licenziamento.