Dopo un lungo periodo di maternità, una collega di un istituto di credito del nord Italia si appresta a ritornare a lavorare. Molti e variegati sono i sentimenti che la collega vive... e i dubbi che si pone. La speranza ovviamente è anzitutto quella di lavorare vicino a casa dal momento che deve accudire il bambino, sebbene i nonni sono sempre presenti e fino a un anno di età del bambino ha il diritto a tornare a lavorare nella stessa unità operativa dove lavorava prima della maternità, e nello stesso ruolo. |
Il Gestore delle Risorse Umane e il Responsabile dell’Ufficio cercano di rincuorare la collega e la invitano a continuare a lavorare nello stesso ufficio ancora per qualche mese con la promessa che, qualora le cose fossero degenerate, avrebbero valutato una diversa sistemazione. Considerato l’apprezzamento dimostrato nei suoi confronti la collega decide di non insistere e di fare un altro tentativo. Fare la mamma è bellissimo e lavorare vicino a casa è molto importante, anche se un po’ è dispiaciuta di aver dovuto interrompere il suo percorso professionale e di vaer dovuto rimettersi in discussione. Dopo alcuni giorni sereni, i timori manifestati durante il colloquio di qualche giorno prima diventano realtà. La collega dal difficile carattere, senza apparentemente alcun motivo, ricomincia ad assumere un atteggiamento poco collaborativo e in molte occasioni con atteggiamenti da vera e propria maleducata. Purtroppo giunge a scagliarsi con cattiveria gratuita e inaudita su una neo assunta che, per età e condizioni di precarietà, non riesce a reagire e difendersi. Dopo l’ennesima scenata incomprensibile, la neo mamma decide di intervenire a difesa della giovane e tra le due scoppia una lite furiosa. I toni si scaldano e inevitabilmente le due si prendono a parolacce mentre i colleghi assistono esterrefatti alla scena. Dopo questo spiacevole episodio alla collega, pochi giorni dopo, viene recapitata una formale lettera di contestazione che inizia con l’elencazione di quanto a suo tempo era volato verbalmente in quella stanza. Vengono contestate alla collega le gravi parole di insulto rivolte nell’occasione alla dirimpettaia di scrivania: "maledetta", "ti spacco la faccia”, "sei una brutta str..za", ecc.. La lettera di contestazione dopo aver elencato i termini usati sottolinea che il fattaccio è avvenuto alla presenza di testimoni che confermano il tutto. La lettera come di consueto si conclude con l’invito nei confronti della collega a presentare entro cinque giorni dal ricevimento della contestazione le sue eventuali memorie difensive, in assenza delle quali l'azienda dichiara che si riterrà libera di adottare il provvedimento disciplinare ritenuto appropriato al caso secondo le vigenti norme.
La collega risponde nei termini stabiliti ed esordisce con le sincere scuse nei confronti della sua collega e del resto dei colleghi. Ammette di avere esagerato, ma di non attribuire un vero significato ai termini pronunciati. Il rammarico è evidente in ogni sua riga. Mai e poi mai si è comportata in quel modo. Sono anni che lavora presso la banca e diverse le note positive e i complimenti dei Responsabili delle unità operative dove ha lavorato in passato. Le parole da essa pronunciate non la rappresentano e non rappresentano la sua storia lavorativa. Il nuovo ruolo, gli intensi ritmi di lavoro, sia in ufficio sia a casa e, nell’occasione, il difficile carattere della sua collega, di cui tutti erano a conoscenza, gradualmente hanno fatto precipitare la situazione. La collega evidenzia che la notte stessa dell’incidente non era riuscita a dormire per i rimorsi e che il giorno successivo la prima cosa che aveva fatto era stata proprio quella di scusarsi personalmente con la sua collega al cospetto del resto dei colleghi. La lettera di difesa si conclude con la promessa che mai più si sarebbe lasciata andare in quel modo e con la richiesta che il caso possa essere archiviato senza conseguenze sul suo futuro percorso professionale. L’azienda, dopo aver letto e considerato le memorie e le scuse, archivia, senza alcun tipo di conseguenza, la contestazione e decide di soprassedere a quanto accaduto.